mercoledì 19 giugno 2013

ENZO MONTI


      INTRODUZIONE

  Non capita tutti i giorni d’incrociare per strada un amico che ti suggerisca:
 - Visto che hai la penna facile, cerca di scrivere dei racconti brevi e, se ti è possibile, facendo leva sulla tua voglia di ridere e di scherzare, che siano divertenti. Mi piacerebbe  vedere in giro facce più allegre. Ce ne sarebbe un gran bisogno! Ma lo sai che potresti ricavarne anche un sacco di soldi? 
 Non ci sarebbe nulla di singolare se il consiglio non mi fosse stato soffiato dal professor Flavio quando, in una mattina fredda e con qualche fiocco di neve di questo fine febbraio del Duemilatredici, l’incontrai all’uscita da Squassabia, in Piazza Isolo qui a Verona. Ero appena uscito da questo centro, dove avevo fatto delle terapie (interferenziali e ultrasuoni alle ginocchia), quando al volo ci siamo scambiati queste quattro parole.
 Flavio è uno dei primi lettori dei miei scritti, un lettore entusiasta del mio primo libro. Ricordo che se lo portò in vacanza e gli piacque così tanto che mi scrisse una cartolina dalla Croazia complimentandosi e confessando pure che se lo contendeva con la moglie.
 Uomo di solida e vasta cultura parla e scrive correttamente in cinque o sei lingue, avendole imparate nel corso degli anni come nostro addetto culturale in parecchie capitali europee. Ora,
insegna all’Università della Terza Età e, a tempo perso, sta leggendo le mie opere teatrali. Forse non gli sono piaciute più di tanto, e allora mi ha suggerito con diplomatica eleganza di scrivere qualcos’altro. 
 E se mi sbagliassi? E se invece avesse visto in me una discreta abilità nel raccontar facezie?
 Sulla settantina, calvo, sornione, con lo sguardo e il sorriso del saputo, oltre a possedere la raffinata doppiezza del diplomatico, conosce l'arte di pesare chi gli sta davanti. Che mi abbia dato un buon consiglio?
 Dopo un paio di settimane di ripensamenti, mi chiedo perché non seguire quel suggerimento. Tanto, cosa mi costa? Mi piace scribacchiare: è l’unico momento in cui mi sento libero. Se poi devo scrivere cose divertenti mi svago ancor di più, e la fantasia non ne soffre, anzi!  Ma cosa scrivere?... Ho trovato: forse il professore si riferiva alle effusioni, ai contrasti, ai qui pro quo, alle arguzie e alle spiritosaggini che spesso capitano tra uomo e donna. Non vedo altra via.
 Mi chiede anche di pubblicare. Ma, cari lettori, vi siete scordati  d'essere entrati in una libreria? C'è da spaventarsi con tutte quelle pubblicazioni. Per quanto sia ottimista, non vedo perché la gente dovrebbe comprare il mio libro. Ma vi rende poi conto di quanta gente scrive in Italia e di quanta sia poca quella che legge? E gli editori? Pubblicano solo i ricordi delle attricette senza talento, le memorie dei  campioni sportivi, le impressioni e le interviste di quei lecconi di presentatori 
televisivi, e così via. E poi, adesso vanno di moda i giovani maghi, i carteggi, i codici, e solo romanzi che fanno piangere. Sembra che il pubblico si diverta solo se riesce a piangere. E questo non succede solo per la carta stampata, anche per le pellicole capita la stessa cosa. Non s’è mai verificato che qualche opera che diverta abbia preso un premio importante. Per uno sconosciuto poi ci vuole fortuna. Qualcuno può pensare: "Ma se il prodotto è buono, allora…" E chi lo stabilisce? A volte hanno successo delle schifezze mentre libri di qualità rimangono sugli scaffali.
 In quanto al denaro, alla mia età non so che farmene, anche se qualche soldino in più non mi farebbe male. Per la gloria? è meglio lasciar perdere! Si vedono in tv e sui giornali gente senza arte né parte, spesso equivoca, e che di virtù o di talento hanno ben poco. Inutile chiedersi come mai siano arrivati a quella notorietà e a quei guadagni senza gran fatica.
 Come scrivere poi questi benedetti racconti? Beh! che non si creda che debba impazzire alla ricerca d’un nuovo stile! E non credo d'essere capace di renderli così di valore da passare alla storia. Già è difficile dare una veste di favola o di racconto a battute che sembrano barzellette; accontentatevi quindi di come vengono. Ce la metterò tutta per scriverli nel miglior dei modi, tenendo presente che l'opera, oltre alla qualità, non debba tradire il minimo segno di rinuncia e di rilassatezza. Non voglio perdere punti come dicono i giovani d'oggi. Ecco, forse ho trovato! Li scriverò come fosse un diario. Può essere un'idea.
 A questo punto e per non annoiarvi oltre, non mi rimane altro che affidarmi al fato e prendere per vera l'“Art happens” di Whistler. L’arte capita, se poi non arriva, pazienza!


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