lunedì 30 dicembre 2013

L'ULTIMO RIFIUTO


Leggerete ora una perla tratta dal mio primo libro “ Il maestro della leggenda di Sant’Anastasia”. 

 

                                              L’ULTIMO  RIFIUTO


                      Qualcuno ha scritto: - Gli occhi sono lo specchio dell’anima.
                      Qualcuno mi risponda: - Dove stanno le aberrazioni nello specchio o nell’ anima?

  Nel corso degli anni mi sono preso dalle donne la mia buon dose di rifiuti. Che non si creda che l’abbia fatto per divertimento, tanto meno per avvalorare un certo tipo di statistica. Non sono così impudente e di bocca buona da tentare con tutte. Forse con gli anni ho perso un po’ di vergogna, ma non l’orgoglio: è difficile quindi che mi metta in condizioni di ricevere un rifiuto. Ma per quanto si sia accorti e l’esperienza insegni, davanti a forme voluttuose e a occhi appassionati, l’ardore e la golosità sono tali che, dimentico della volubilità femminile, arrischio ancora. E finché non ci vado a sbattere il naso, non rammento mai che non c’è certezza nel chiedere l’assenso di una donna.
 Quest’ultimo rifiuto, che per certi versi mi ricorda il primo, ve lo racconto non tanto per sfogare il mio avvilimento, quanto per sottoporlo al vostro giudizio; e credo che alla fine sarete d’accordo con me nel considerarlo d’una bassezza e d’un bigottismo unici nel loro genere.
 Dovete saper che ogni mattina, prima del lavoro, sorseggio un caffè nel bar di fronte al mio negozio; verso le dieci e mezza, per quietare un certo languorino, mi reco in pasticceria “Alla Rosa”, da Bruno. Là trovo ogni ben di Dio: zaletti, krapfen, brioches; tra l’altro, ho ritrovato il sapore della mia fanciullezza: quello delle veneziane.
 A interrompere la monotonia quotidiana è giunta da poco a frequentare il locale, nei miei stessi orari, una vivace biondina: tutta curve. Un vispo musetto che, con vesti attillate e miti pretese di eleganza, sculetta da impazzire. I suoi occhi mi servono delle zollette d’amore; e io non m’avvedo delle pose smancerose di quella smorfiosa, assorto come sono nello scambiar occhiate, nell’intrecciare sguardi insistenti, provocanti. Lei impallidisce mentr’io avvampo. Pieno d’insidie e di disinganni è questo nostro muto amore. Certo! È considerato poetico, sublime; ma ci rimanda sempre al domani. Un nonnulla lo spegne e uno spasimo l’infiamma. Che pena (o forse che fortuna) soffrire di questi affanni. Eppure nei suoi occhi vedo … ma che dico! Gli occhi disgiunti dal resto del viso sono inespressivi, qualora dovessero subire alterazioni, di fronte a sentimenti o a sensazioni, risulterebbero impercettibili. Errata è quindi la credenza di chi vede in essi odio o amore, esaltazione o serenità.
 Come ottico vado alla ricerca di ametropie e di lenti a contato, ciò nonostante, la mia professionalità non eclissa mai la mia indole di cacciatore. Con quella biondina scambio occhiate prolungate, invitanti, più esplicite di qualunque ardente dichiarazione. A me lasciano il fiato in sospeso, a lei troncano la parola. I suoi occhi alimentano i miei sentimenti e la mia passione. Se accade che sia in ritardo, dà l’impressione di attendermi, come se l’avermi visto le sia d’appagamento. Lo stesso avviene da parte mia: indugio, finché non la vedo arrivare. Io vivo dei suoi sguardi, vivo nella reminiscenza della prima cotta e nell’illusione di un nuovo amore.
 Non esiste più la mia pasticceria, esistono solo i suoi occhi.
 Purtroppo l’altro giorno ho osato salutarla. Non l’avessi fatto? Lei m’ha dato un’occhiata terribile, agghiacciante, come se l’avessi offesa. Ha girato nervosamente il capo dall’altra parte e i nostri occhi non s’incrociano più.
 Che fare? … non ditemi che posso andare a chiedere spiegazioni di questa beffa, di questo improvviso e imprevisto voltafaccia. Che sia arrivato in un momento poco opportuno? O addirittura in ritardo? … Si sa come son fatte le donne: un attimo prima sei sull’altare come un dio, un momento dopo sei nella polvere.
 Ma val la pena di rompersi il capo? Sto pure invecchiando e con gli anni ci si raffredda e si cambia genere di filosofia; si arriva purtroppo a un punto tale che ai “no” ci si fa la triste abitudine. Infine, volete sapere l’ultima? Credo d’aver imparato a perdere perfino con eleganza: ho cambiato pasticceria.

 

2 commenti:

  1. Caro Monti è semplicemente e drammaticamente realistico, con l'aggiunta di una anima dolce che legge come voce fuori campo una quotidiana e realistica verità.
    Grande
    Lm

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  2. Grazie, e ancora grazie, anche se credo che tu abbia un po' troppo esagerato.

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