venerdì 15 agosto 2014

FEDIFRAGA


                                                                                                                                                                 

 

 
  Negli anni Sessanta, nel nostro negozio d’ottica gestito da Vito e mamma, entrò un'attraente signora. Portò a riparare un occhiale da sole con una lente rotta. Dai complimenti di mio fratello e dalle lusinghe che la donna smorfiosamente accettava, mia madre ne fiutò il pericolo.  
 La conferma arrivò tre giorni dopo quando la signora venne a ritirare l’occhiale. Alla richiesta di quanto dovesse, mio fratello sorridendo rispose:
 - Cinque lire.
 - Come mai così poco? - chiese con stupore quella quarantenne.
 - È ciò che mi è costata la lente tanti anni fa. -  e aggiunse  - E poi, è un onore per me e per il  negozio servire una come lei.
  E dopo una leccata del genere, mia madre ch’era presente divenne verde, rossa e anche viola. Assunse tutte le sfumature dell'arcobaleno per reprimere quello che le era salito sulla punta della lingua.
 Il giorno stesso e prima di pranzo, ancor livida di rabbia, mamma me lo raccontò. Era un continuo piagnucolare per il prestigioso incasso e per non averle fatto pagare almeno il lavoro. Rivolgendosi a me ripeteva:
 - Gò en fiol che l’è mia normale e che ghe pias le vecie troie. E po’, set cosa la gha dit quela bruta vacca prima de andar fora? “ Ci sentiamo!” e l’ha did con la voia de vederse da qualche altra parte. E l’è anca sposada!(1)
 Durante tutto il pranzo continuò con le sue lagne, mentre mio fratello se ne restava muto. Solo una volta arrischiò di giustificarsi:
 - Quella signora ha molte amiche capricciose e spendaccione.
 - Tutte vecchie troie (2)che vanno in giro per farsi regalar qualcosa! - rispose mamma chiudendogli la bocca.
 Dopo un paio di settimane e di lunedì mattina, che è il giorno di riposo del negozio, mio fratello uscì dal bagno sbarbato, profumato, e con l’aria felice di chi sta per toccare il cielo:
 - Tieni pure la macchina: stamattina viene a prendermi una signora in Mercedes . Mentre ti farai una bella sega (3), io consumerò un succoso adulterio. Sai com’è: piaccio... piaccio molto! 
 Tronfio e con l’aria soddisfatta inforcò la bici e uscì. 
 A pranzo e verso le tredici e trenta, quando i piatti erano ormai freddi, arrivò una sua telefonata. Mi ordinava di raggiungerlo in negozio e di portargli calze, pantaloni, camicia e maglia, pregandomi inoltre di non dir nulla a mamma. Usai una capiente ventiquattrore, raccontando che la portavo in negozio per riempirla di documenti e fatture che Vito con urgenza doveva sistemare. 
 Le serrande erano abbassate. Bussai alla porta e venne ad aprirmi. Mi si presentò mentre si asciugava faccia e capelli. Tutto l’abito sul davanti era spruzzato di fango: cravatta camicia e giacca erano a pois, e le macchie grigio perla s’intensificavano e diventavano più scure e più grosse scendendo verso il basso, dove il fondo dei calzoni e le scarpe erano d’un bel color terra.
 Scoppiai a ridere, e consegnando la valigetta: - Cos’è?... una ricompensa? Ho capito: è stato il marito a ritornarti il fango che gli hai gettato addosso.
 - Non far lo sciocco! Hai portato tutto quello che t’ho chiesto?
 Erano finiti in un campo e, quando ci fu da venir via, la macchina rimase bloccata in un sentiero con della mota, e non si muoveva d’un centimetro. Anzi, sprofondava sempre più. Vito era sceso dall’auto e con le mani a volte sul cofano anteriore e altre su quello posteriore cercava di spingere mentre la signora accelerava. Le ruote slittando nel fango e lo spruzzarono. Dovette recarsi nella cascina più vicina e cercare l’aiuto del contadino e del suo trattore. Di tutta la faccenda sembrava che gli bruciassero di più i commenti e le risate del contadino che da vero villano non si sapeva trattenere.
  Mentre si cambiava, ridevo di cuore pensando da buon fratello alla giusta punizione per il suo comportamento borioso e irriverente ancor prima d'aver portato a termine quella sua avventura.
  Ma la faccenda non finì solo lì. Vito, portando i vestiti in lavanderia, s’era dimenticato di dire alla proprietaria che sarebbe andato a ritirarli di persona, e così gli abiti arrivarono in negozio con il conto quando c’era mia madre.
 Figuriamoci! Per più d’un mese mamma mi tormentò. Non avendo visto gli abiti prima che finissero in lavanderia, si avviliva non sapendo cosa gli fosse capitato. Era molto preoccupata: voleva sapere se Vito era finito in un fosso o avesse litigato con qualcuno, e, ignorandone il motivo, non si dava pace.
  Un po’ prima di questo fatto io ne avevo appena combinate un paio delle mie. Avevo rotto il deflettore della macchina d'un mio amico mostrando il culo a due attraenti e stupite signore alla guida d'un'auto sportiva. E una settimana dopo, avevo pisciato abbondantemente insieme ad altri sulle maniglie della stessa auto.
 Tutto questo raccontò mia madre a una nostra parente che l’aveva incontrata per strada e che l’aveva fatta salire in casa. Si lamentava di quanto le costavamo, arricchendo la narrazione di particolari inediti che la fantasia le suggeriva.E non si dava pace perché non sapeva cosa significasse spillaccherare, un termine che aveva usato la proprietaria della lavanderia, e che non ne aveva chiesto il significato per non far la figura dell'ignorante. Io ero alla scrivania nel piccolo studio con la porta aperta, senza che mamma lo sapesse.
 Più che con mio fratello, se la prendeva con me, per il fatto che non studiassi. Non ne potevo proprio più di sentirmi rigirare il coltello nella piaga. Mi preparai a uscire. Con una caramella addolcii l'alito. Mia madre aveva appena finito di dire:
 - Quel lé el me custa anca quand el pisa.
 Che all'improvviso, facendo a entrambe andar il caffè di traverso, mi presentai  sorridendo sullo stipite della cucina. 



 

 

  1. Ho un figlio che non è normale e che gli piacciono le vecchie sporcaccione. E poi sai cosa ha detto quella brutta donnaccia prima d’andar fuori? “Ci sentiamo” e l’ha detto con la voglia di vedersi da qualche altra parte. Ed è anche sposata.
  2. Prostitute.
  3. Masturbazione maschile.
  4. Quello lì mi costa anche quando piscia.

 

 

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